mercoledì 9 aprile 2008

Nei miei quadri, l’esperienza del paesaggio non tratta di una sua replica oleografica ma è un interrogarsi sul proprio “esserci”; un piano d’appoggio e uno sguardo che delimita, soggettivamente, un vicino/lontano, un limite dell’orizzonte e un alzato che acquista le caratteristiche dell’infinito. Catturare segnali del primo, come del secondo e del terzo luogo, è l’esperienza d’esordio. Poi evidentemente la traduzione, nella della superficie, di queste e quelle memorie, eventualmente anche espresse in frammenti, ha come immediato referente la linea dell’orizzonte, la demarcazione fra una terra e un cielo: un basso e un alto. Nonostante questo, deve anche rispondere a regole di “armonia” che non appartengono evidentemente a una classica simmetria, ma che trovano una logica ogni volta diversa nel paesaggio artistico...